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Genesi, l’origine degli dei – Dalla rivoluzione del Neolitico, a Göbekli Tepe, passando per il diluvio universale e gli alieni.

Come è nata l’idea di “Genesi, la nascita degli dei”, un fantasy storico con molti elementi di fanta archeologia.

 

Il primo romanzo che ho pubblicato, “Genesi, la nascita degli Dei” è scaturito da una concatenazione casuale di elementi.

Tutto è partito da un articolo, apparso sulla rivista Palèorient, di Ian Hodder, un archeologo docente di antropologia presso la Stanford University, sui presunti motivi che portarono alla costruzione  delle strutture ritrovate a Göbekli Tepe, tra le quali spicca un ciclopico tempio risalente a ben 12.000 anni fa, di gran lunga la più antica costruzione conosciuta.

Lo studioso si ricollegava alle teorie espresse in alcuni testi (uno fra tutti “Nascita delle divinità, nascita dell’agricoltura. La rivoluzione dei simboli nel Neolitico”), che avevo già letto anni prima, da un altro illustre archeologo, il francese Jaques Cauvin.

In sintesi (vedi approfondimento paleontologico), ribaltando le teorie sulla rivoluzione del Neolitico (il passaggio dell’Homo sapiens-sapiens da nomade cacciatore-raccoglitore a agricoltore stanziale), i due studiosi affermano che la religione organizzata, con la conseguente edificazione di templi, non sia stata originata della stanzialità dei neo agricoltori, ma, al contrario, che la costruzione di imponenti strutture adibite all’adorazione degli dei, e quindi la religione, abbia spinto l’Uomo a fermarsi, fondando agglomerati stabili, dove un numero elevato di soggetti potesse dedicarsi all’immane sforzo edificatorio.

Avevo già letto un bel libro di divulgazione scientifica (“Costruirono i primi templi 7.000 anni prima delle piramidi” di Klaus Schmidt) e parecchi articoli (Le scienze, Palèorient, National Geographic, ecc.) sul sito di Göbekli Tepe e sulle straordinarie raffigurazioni  di animali incise su enormi monoliti di pietra.

Le analisi sui pollini ritrovati, assieme a numerosi reperti, hanno convinto gli studiosi che, all’epoca della costruzione del tempio, la zona compresa tra la Turchia meridionale e la Siria, grazie a un improvviso favorevole mutamento climatico, fosse diventata una regione fertilissima, caratterizzata da una flora composta da querce, ginepri, mandorle, grano selvatico, e popolata da anatre, gru, volpi, cinghiali, leoni, gazzelle, lepri e bovidi. Un quadro ben diverso dalla zona arida e semidesertica attuale.

Pian piano, inconsapevolmente, ho collegato altri elementi, come i risultati di uno studio del nostro C.N.R. dal quale risulta che, proprio in quel periodo, il grano selvatico subì una mutazione sfavorevole per la pianta, ma fondamentale per il suo sfruttamento da parte dell’Uomo (i chicchi si saldarono molto più tenacemente alla spiga, con maggiore difficoltà di propagazione col vento, ma con un enorme vantaggio nella raccolta); il misterioso motivo per cui il tempio venne volutamente sepolto nella sabbia e abbandonato; La possibile catastrofe che derivò dall’aumento del livello del Mediterraneo, che triplicò le dimensioni del mar Nero, portandole a quelle attuali, e che alcuni studiosi ritengono possa collegarsi al mito del diluvio universale (“Il diluvio” di W. Rayan e W.Pitman).

A questi fatti si aggiunse che avevo nel cassetto la bozza di “Asar e Aset”, una storia d’amore tra un demone-vampiro e una Dea-strega, nato nell’antico Egitto e che proseguer fino ai giorni nostri, la cui trama mi lasciava insoddisfatto, mancando un inizio che spiegasse le origini dei due protagonisti e la millenaria lotta tra le loro fazioni… nella mia mente si mescolarono tutti questi elementi, ed ecco, durante un mattutino dormiveglia, nascere l’idea di un romanzo, anzi, della trilogia, che unisse i generi Fantasy (storico, Urban e romance) con la fantascienza archeologica.

La fanta archeologia nel romanzo.

 Per il romanzo, ho sposato la c.d. “teoria culturale” quale spiegazione per il radicale mutamento che trasformò l’Uomo da cacciatore – raccoglitore, quindi nomade, ad agricoltore- allevatore stanziale (vedi approfondimento: “Il mistero della rivoluzione del Paleolitico”), adattandola alla trama.

Ho immaginato che 12.000 anni fa un viaggiatore proveniente da una stella lontana, abbia visitato quei territori, fingendosi un dio.

Per motivi egoistici, dopo aver modificato geneticamente alcune piante per renderle più facilmente coltivabili, questa pseudo divinità obbligò le tribù nomadi della zona a riunirsi, edificando le prime città, insegnando loro le tecniche agricole, dell’allevamento, della lavorazione del metallo e della ceramica, creando una mitica regione, che ho chiamato Dih-Li-Hum, modificando il nome Dillium, presente nella mitologia Sumera, e successivamente ripreso nell’Antico Testamento come Eden (parola anch’essa di derivazione sumera, che significa “pianura”).

Tengo subito a precisare, forse deludendo qualche lettore, che ritengo improbabili le teorie del paleo-contatto o della paleo-astronautica, non credendo che civiltà aliene abbiano visitato il nostro pianeta, né tantomeno che la nostra specie sia il frutto di loro sperimentazioni, mentre non escludo che miti, usanze e conoscenze comuni a varie popolazioni distantissime tra loro, possano derivare da una più antica civiltà, avanzata quanto quelle del periodo del bronzo, distrutta da qualche cataclisma.

Ma allora, mi chiederete, perché sostenere tali ipotesi nel romanzo?

La risposta è semplice: quanti di noi credono che gli antichi dei dell’Olimpo siano davvero esistiti? Quanti pensano seriamente che elfi, orchi, draghi, maghi e fate non siano solo delle fantastiche invenzioni? Davvero c’è qualcuno convinto che re Artù e i cavalieri della tavola rotonda abbiano realmente calpestato il suolo dell’Anglia, comportandosi come fulgidi eroi senza macchia e senza paura? Eppure tutti noi, amanti del Fantasy, leggiamo romanzi, seguiamo serie televisive e adoriamo film che di questo parlano.

Il fantastico ha sempre accompagnato gli esseri umani, dall’epopea del sumerico Gilgamesh (4.500 anni fa), passando per Omero, fino ai giorni nostri, con le cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R. Martin, allo scopo di sollevarci dal tedioso quotidiano, dandoci una via di fuga, portandoci a sognare mondi e personaggi straordinari, là dove ancora si respira quel “sense of wonder” che riempiva di stelle i nostri occhi innocenti di bambini.

Rimango tuttavia sempre aperto alla discussione: se avete una vostra opinione in proposito, fatevi avanti, questo spazio è stato creato per un libero scambio di idee fra noi amanti di questo genere letterario.